Letteratura

Shan-Gri-La

Letteratura

Per la rubrica "letteratura" che racconta le nostre montagne attraverso le parole di scrittori, alpinisti ed esploratori proponiamo, questa settimana, uno scritto di Gian Piero Motti.

L'Argentera dal gias del Saut | A. Rivelli.

Shan-Gri-La
L’alpinista tutto preso dalla collezione di salite, l’escursionista frettoloso, oppure quello troppo attento ai minuti impiegati nel salire a un rifugio, difficilmente sanno cogliere l’essenza e la bellezza della montagna piemontese. Davanti al paesaggio dolomitico chiunque si sente di dire che è “bello”, come chiunque, di fronte al versante meridionale del Bianco, sa dire che è “grandioso e selvaggio”. Invece, percorrendo una qualsiasi valle delle Alpi piemontesi, non ti compare di fronte agli occhi nulla di così bello, nulla di così sconvolgente e grandioso. Ma se poi ti soffermi, se osservi, invece di guardare semplicemente, se vi ritorni con luci e ombre diverse, se ne segui il mutare dei colori nelle stagioni, con tutta facilità come per magia e incanto scoprirai un mondo di bellezza riposta e nascosta che esplode in tutta la sua luminosità solo dopo un lungo approccio. Ed è per questo che tra gli uomini e queste montagne a volte sorgono amori un po’ disperati ed esclusivi, fedeli e tenaci. Ed è per questo che, per capire l’alpinismo cuneese, è necessario amare o per lo meno capire il terreno di gioco di questi uomini: le Alpi Marittime. L'accusa di provincialismo fatta sovente agli alpinisti cuneesi può anche essere giustificata, ma andando più a fondo nell’analisi, mi pare che agli alpinisti cuneesi di ieri e di oggi non importasse granché l’uscire dalle “loro” Alpi Marittime.
Forse la fantasia, la suggestione, l’immaginazione vi giocano come sempre un ruolo predominante; ed ecco che il fondo di un vallone agli occhi di un innamorato appare ancor più bello e grandioso del versante di Peutérey. Alcune dirupate torri rocciose nella luce trasparente e irreale di una sera di ottobre sono ancor più affascinanti del Vaiolet. Forse non è così, ma io stesso che cuneese non sono, quando in qualche sera di ottobre esco dal mare di nebbie al Gias del Saut e mi appare come una visione la rossa bastionata dell’Argentera e della Madre di Dio, oppure giungo nel silenzio invernale al Gias del Lagarot, mi sembra di entrare in una sorta di mondo magico, una specie di Shan-Gri-La che difficilmente ho ritrovato in altri posti.
Gian Piero Motti

Da: I falliti e altri scritti, Vivalda, 2000 (tratto da “Montagne Nostre” 1976).

Gian Piero Motti (1946 - 1983), era uno scrittore e forte alpinista torinese, balzato agli onori della cronaca per la prima solitaria al Pilier Gervasutti sul Mont Blanc du Tacul (1969). Autore di guide di arrampicata, di una storia dell'alpinismo e del libro I falliti e altri scritti è ricordato soprattutto come "rivoluzionario" per essere stato l’ideologo di un nuovo modo di interpretare l’alpinismo, conosciuto come: “Il Nuovo Mattino”. Nome che presupponeva la rinascita della filosofia dell’alpinismo.

Ultimo aggiornamento: 23/07/2020

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