Centro per la Biodiversità vegetale

Quel “mazzolin di fiori” che aiuta a salvare l’agricoltura

Centro per la Biodiversità vegetale

Aiutaci a contenere l’invasività del Senecio del Sudafrica, specie erbacea pericolosa perché contiene degli alcaloidi tossici che attraverso il latte e il miele possono arrivare all'uomo.

Senecio del Sudafrica, Senecio inaequidens | Archivio APAM, N. Villani

Chi si occupa della conservazione del patrimonio vegetale non vede di buon’occhio le persone che raccolgono i fiori nei prati per portarseli a casa: ciò in particolare perché non è infrequente che, pur inconsapevolmente, vengano raccolte specie rare, con il risultato di diminuirne le possibilità di riproduzione. A parte ciò andrebbe tenuto in debita considerazione il fatto che la raccolta di fiori genera un piacere tanto intenso quanto fugace (l’appassimento spesso avviene già durante il viaggio di rientro a casa) e per contro ci priva di scorci paesaggistici che la varietà di colori rende davvero spettacolari.
Questa volta il conservatore della flora farà un’eccezione, proponendo a tutti la raccolta di una piantina che sta per diventare un grave problema per l’agricoltura locale. Si tratta del Senecio inaequidens, il Senecio del Sudafrica, specie erbacea pericolosa perché contiene degli alcaloidi tossici per gli animali a sangue caldo (tra cui uomo, equini, bovini, ecc.), che possono passare al latte in seguito al pascolamento ed anche nel miele attraverso il nettare raccolto dalle api. Tendenzialmente, gli animali domestici non ne riconoscono la tossicità, se non talvolta allo stato fresco, mentre nel fieno il Senecio si “mimetizza”.

La spiccata invasività di questa pianta si deve ad alcune sue peculiarità: fiorisce per 7-8 mesi all’anno, ogni pianta può sviluppare anche 100 infiorescenze e produrre più di 30.000 semi all’anno (che rimangono vitali anche per 40 anni); inoltre, essendo specie esotica, rispetto alla specie autoctone non ha predatori.
In Italia il Senecio del Sudafrica è stato segnalato per la prima volta nel 1947; per alcuni studiosi l’arrivo di questa specie in Europa si deve alle truppe coloniali sudafricane durante la seconda guerra mondiale, per altri – ipotesi decisamente più plausibile – alle partite di lana ovina importate per la produzione di tessuti.
La forte tossicità della specie è stata sancita in maniera definitiva nel 2003, con la pubblicazione di uno studio incentrato su un grave caso di avvelenamento di bovini al pascolo, avvenuto nella località di Frankfort, in Sudafrica.

Nelle nostre zone il Senecio è facilmente osservabile ai bordi delle strade, negli incolti, ai bordi dei campi, nelle zone ruderali, industriali, sui suoli nudi dei cantieri, da Cuneo fino all’interno delle vallate alpine, anche a quote assai elevate, come ad esempio in prossimità del Colle della Maddalena, in Valle Stura. Gli spostamenti d’aria provocati dagli automezzi e dai treni favoriscono la dispersione dei semi, che spesso vengono anche trasportati dai veicoli: questo spiega la “predilezione” del Senecio per i bordi stradali e le massicciate ferroviarie.
Il Centro per la Biodiversità Vegetale dell’Ente Aree Protette Alpi Marittime da molti anni controlla il fenomeno e negli ultimi tre ha iniziato interventi di contenimento della diffusione di questa specie nelle aree che ha in tutela. Data l’attuale forte espansione della pianta su tutto il territorio, il Centro invita ora tutti a collaborare per cercare di contenere l’invasività di tale specie.
In che modo? Anzitutto occorre procedere al riconoscimento con l’aiuto delle molte immagini e descrizioni pubblicate sul sito della Regione Piemonte.

Dopodiché si tratta di passare direttamente all’azione. Chi ha l’abitazione ai bordi di una strada o ha un cantiere o un appezzamento in un’area industriale, ecc., può facilmente eradicare il Senecio sudafricano con una zappa, ma anche chi semplicemente va a passeggio può raccoglierne un mazzolino da portare a casa. L’importante è che i fiori appassiti o quelli eradicati vengano eliminati nei sacchi di rifiuti dell’indifferenziata e non nel verde o nell’organico, perché la maturazione di semi può contribuire la diffusione della specie altrove.
Il Centro cercherà di attivare gli enti locali per azioni di protezione civile, ma ognuno di noi può fare la sua parte. Tutti insieme, con uno sforzo limitato, possiamo contribuire a salvaguardare la flora locale, minacciata da questa specie, e aiutare concretamente i nostri agricoltori e apicoltori.

Ultimo aggiornamento: 19/11/2020

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