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Non solo farfalle: il baco da seta

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Il Bombyx mori, o bombice del gelso, è un lepidottero con una grande peculiarità: la larva, imbozzolandosi, produce un filo sottile ma estremamente resistente: la seta.

Illustrazione di S. Torta, con la collaborazione di A. Cozzolino

Un famoso poeta latino si chiese: “Chi fu il primo a inventare le terribili spade? Quanto davvero ferino e ferreo egli fu!”.
Se solo avesse saputo che l’ingrediente segreto del suo abito di seta era una farfalla messa a bollire avrebbe certamente aggiunto: “e chi fu il primo a inventare la seta? Quanto fu crudele, da mettere a morte migliaia di farfalle per un fazzoletto!

Cenni storici

Il bombyx mori, o bombice del gelso è un lepidottero appartenente al gruppo delle falene con una grande peculiarità: la larva, imbozzolandosi, produce un filo sottile ma estremamente resistente: la seta.
Narra la leggenda che la scoperta della seta avvenne intorno al 2600 a.C. e fu fatta dall’imperatrice Lei-Tsu mentre sorseggiava il tè sotto un gelso del suo giardino. Improvvisamente il bozzolo di un bruco cadde nella sua tazza e mentre l’imperatrice si affrettava a toglierlo questo, a causa del calore della bevanda, cominciò a sfilarsi e il filo che ne derivò fu talmente lungo da coprire l’intero giardino. Così si scoprì il baco da seta e per millenni il segreto rimase ben custodito dai cinesi che riuscirono a creare una fiorente rete commerciale basata sul pregiatissimo tessuto di cui erano gli unici detentori.
Anche la fine di questo monopolio è avvolta dalla leggenda: sembra che intorno al 550 d.C. Giustiniano, imperatore di Costantinopoli, inviò due monaci in Oriente per una missione molto rischiosa: impadronirsi del segreto della seta. I due monaci riuscirono a fare ritorno con dei semi di gelso e alcune uova di baco da seta nascosti all’interno di alcune canne di bambù.

Da allora in poi la bachicoltura e la coltura del gelso, la pianta di cui la larva si nutre, sono diventate parte integrante dell’economia famigliare pure qui in Italia. Fino agli anni '60 del '900, infatti, in quasi tutte le case di campagna del cuneese, intorno al mese di aprile, si benedicevano le uova del baco e le si metteva a schiudere. Lo spazio che prendeva l’allevamento delle larve non era indifferente e quando questo mancava, si era disposti a rinunciare, per la quarantina di giorni necessari al completamento del ciclo, alle proprie comode stanze pur di poterle ospitare. Infine, pronti i bozzoli, li si portava al mercato, previa selezione del contadino, e i capi filanda li compravano sul posto.
Spettava alle donne il compito più gravoso: nelle filande le ragazze sistemavano i bozzoli in contenitori pieni d’acqua che raggiungeva i 70° C e, immergendovi le mani nude, battevano con scopettini i bachi per far uscire il capo del filo e poterlo far svolgere dal macchinario apposito.

L’allevamento massiccio del baco da seta condizionava anche il paesaggio circostante: filari di gelso bianco erano piantati un po' ovunque poiché le giovani fronde venivano colte per nutrire i voraci bruchi. Per renderci conto di quanto il gelso fosse ben inserito nel paesaggio cuneese basti pensare che a inizio ‘900 furono censiti nella sola provincia 3.500.000 gelsi coltivati.
Per chi non aveva gelsi con cui nutrire i bachi erano comunque disponibili i mercati delle foglie di gelso, che muovevano straordinarie quantità di denaro e fogliame! Un esempio lampante è il resoconto di un mercato tenutosi nel 1886 a Racconigi durante il quale si trattarono 5.600 quintali di foglie di gelso.

Ciclo di vita del baco da seta

Il bombice del gelso non esiste a livello selvatico ed è quindi, a tutti gli effetti, un lepidottero “da allevamento” frutto di un’opera di selezione millenaria.
Il suo ciclo di vita è lungo 36-40 giorni e richiede interventi umani frequentissimi.
Le uova, non più grandi di una capocchia di spillo, vengono incubate per una decina di giorni a umidità elevata e temperatura costante. I piccoli bachi poi fuoriescono scalarmente e si pongono sui letti di allevamento. La fase larvale inizia ora e consiste in ben cinque mute attraverso le quali le larve aumentano considerevolmente di dimensione; basti pensare che con l’ultima muta il baco aumenta di ben quattro volte il suo peso precedente.
Le larve devono essere costantemente nutrite con foglie di gelso e la lettiera ripulita di frequente, l’umidità del locale dev’essere molto elevata così come la temperatura.

Quando i bachi, giunti all’ultimo stadio larvale, cominciano ad agitare il capo, si sistemano dei supporti idonei ad appigliarsi (scopettoni in legno o plastica). A questo punto avviene la “salita al bosco” che dura 3-4 giorni e iniziano a emettere un filo di seta che alla fine dell’imbozzolamento può essere lungo 1,5-2 km. Il baco, sostanzialmente, smaltisce il 90% del suo peso emettendo la seta!
A questo punto, ridotte notevolmente le sue dimensioni, inizia la metamorfosi.
La larva diventa quindi crisalide perdendo apparato boccale e zampe. È in questa fase che i bozzoli vengono raccolti e destinati all’essicatura. Se il bozzolo poi non viene fatto essiccare la crisalide completa il ciclo e ne fuoriesce la farfalla dopo due settimane. La farfalla però non vola pur avendo le ali e non ha apparato boccale, unica sua funzione è quella di accoppiarsi e deporre una miriade di piccole uova, la tanto ambita prole, che andrà a costituire l’ingrediente principale per futuri tendaggi, cravatte e camicie!

Ultimo aggiornamento: 03/05/2023
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